Vino brik…oncello!

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Una nota associazione di sommelier li ha anche degustati scoprendo che,se li chiami col loro nome, non sono poi così malvagi.

Mia mamma lo beve. Sì avete capito bene la mamma di una sommelier beve il vino in tetra pack . Non si fa mai mancare mezzo bicchiere a pranzo e qualche volta la domenica lo miscela con l’aranciata, non si rende conto così che supera il mezzo bicchiere e diventa anche brilla allietando i nostri pasti con le amenità più astruse. Ha 83 anni e quindi tutto sommato forse ha scelto bene il suo cartone.

Sì perché c’è cartone e cartone. In tutti campeggiano foto di uve e viti e soprattutto bicchieri con un contenuto cristallino e trasparente, ma per fortuna almeno nel nome hanno l’umiltà di mantenere un profilo basso con nomi che vagheggiano dei vezzosi diminuitivi : Castellino, La Vignetta, Bianchino, Tavernello…..a dispetto di un roboante Sassicaia….. Sempre in etichetta qualcuno osa dare un suggerimento organolettico: morbido come il profumo del rovere. Ma chiudendo un occhio (e una narice) mi piace ricordare che la morbidezza ahimè è più una sensazione tattile che non olfattiva. Purtroppo in etichetta le indicazioni sono veramente insufficienti a comprendere un eventuale barlume di qualità del prodotto, soltanto uno (Tavernello) richiama ad un link cliccando sul quale si può evincere la provenienza delle uve, scoprendo che buona parte sono contributi di nero d’Avola e nerello mascalese ovviamente da varie zone della Sicilia , con buona morte del concetto di terroir.

Le descrizioni del vino in brik sono spesso molto semplici

Ad una analisi organolettica effettuata da una nota associazione di sommelier, i prodotti variano nei profumi e a volte anche nel gusto mantenendo però costante una inesistente persistenza e quindi una incapacità alla durata nel tempo. Non è prodotto con le polverine, come qualcuno ogni tanto ipotizza , ma solo per una questione meramente economica : non conviene.  E’ dunque fatto con le uve e in un caso anche con l’utilizzo di barriques di rovere. Ma da qui a dire che sono di qualità passa acqua sotto i ponti.

Insomma lo beviamo o no? Anche sì. Considerando il costo del vetro, dell’etichetta, del tappo, della capsula a volte dentro una bottiglia ti ritrovi a dover  mettere un prodotto scadente per ammortizzare i costi suddetti. Ma visto che non te lo ha prescritto il medico di fare vino a tutti i costi, anche quando economicamente non te lo puoi permettere, allora sarebbe più onesto prestare le proprie uve per la produzione di vino in brik. L’importante è avere la cortesia di non creare paragoni di sorta con quello che io chiamo Vino. Poco gliene frega a mia madre del profumo di mela verde o  uva spina o foglia di pomodoro, lei  è interessata soltanto all’ebbrezza che la bevanda le procura , al ricordo del vinello del nonno tenuto in cantina per berlo fresco, ma forse soprattutto è interessata a dimenticare gli anni che inesorabilmente passano . Allora se sei un arzillo vecchietto il bicchiere in brik conceditelo pure, ma se sei un giovane che sta scegliendo di approcciarsi al mondo del vino ed è incuriosito dal cartone ti consiglio di andare in un’enoteca e comprare sei bottiglie di un dignitoso vino di una dignitosa azienda ad un dignitoso prezzo. Ce ne sono tanti . E sei bottiglie te le puoi portare via in un   …cartone.

Autore: Cecilia Miraglia

Diplomata presso l'Associazione Italiana Sommelier lavoro nel mondo del vino dal 2000, collaboro con enti , scuole e privati sperando di appassionare sempre più persone a questo affascinante mondo.

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